La moda riparte. Oggi 20 aprile Gucci riapre il suo laboratorio di prototipia pelletteria e calzature nella massima sicurezza per i dipendenti. La ripresa delle attività riguarderà un numero ristretto degli addetti della sede di ArtLab, il centro dedicato alla ricerca e sviluppo e alle attività di progettazione e realizzazione di prototipi e campioni per pelletteria e calzature Gucci, che si trova a Scandicci (Firenze).
«Dall’inizio di questa emergenza — spiega Marco Bizzarri, presidente e ceo di Gucci — prima ancora che si parlasse ufficialmente di pandemia, la salute delle persone è stata al centro di tutte le decisioni che abbiamo preso. La salute di tutti noi era, è, e resterà sempre l’assoluta priorità di Gucci. Dopo un’attenta riflessione abbiamo preso la decisione di riaprire la prototipia di ArtLab, in accordo con le organizzazioni sindacali e garantendo il massimo livello di sicurezza e con tutte le precauzioni necessarie, definite con l’aiuto di scienziati di comprovata competenza. Questo ci permetterà di gettare le basi per una più ampia riapertura delle nostre sedi produttive e il riavvio della filiera del made in Italy, quando consentito».
L’apertura è dovuta alla necessità di iniziare a mettere in moto la filiera della moda. Già Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda italiana, aveva indicato il 20 aprile come la deadline, la data massima, per poter avere le collezioni da presentare a settembre, sottolineando che il 41% della produzione europea di moda è fatto nel nostro Paese
Gucci era già sceso in campo per dare una mano nella lotta contro il coronavirus, non solo con donazioni (2 milioni di euro a sostegno di due campagne di crowdfunding: in Italia, dove l’azienda ha sede, a favore del Dipartimento della Protezione Civile, in collaborazione con Intesa Sanpaolo; e a livello globale, a favore del COVID-19 Solidarity Response Fund a supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la campagna di matchmaking di Facebook), ma il brand si è anche reso disponibile a produrre mascherine in un momento nel quale questi dispositivi di protezione scarseggiavano, rispondendo all’appello della regione Toscana per la realizzazione di oltre un milione di maschere e 55 mila paia di tute mediche.
A doversi riorganizzare non è solo il comparto produttivo italiano ma l’intero sistema moda.
Ora occorre quindi focalizzarsi sulla ripartenza anche se la disomogeneità tra le situazioni dei vari Paesi colpiti dal virus non aiuta: Cina e Corea del Sud ora stanno ripartendo ma dall’altra parte c’è tutto il mercato americano fermo, con gli Usa ancora in piena emergenza sanitaria.
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