Il mobbing è l’insieme di comportamenti psicologici, fisici e verbali aggressivi esercitati da un gruppo di persone verso altri soggetti. Viene considerato dalla psicologia una vera e propria forma di violenza e abuso.
Il termine deriva dall’inglese, e significa “molestare, assalire”. Il mobbing sul lavoro si manifesta con l’assegnazione di turni e orari, ferie e mansioni scomodi, e con molestie di ogni genere.
Molte sono le storie di donne che, per paura di perdere il lavoro, si sentono costrette a nascondere la gravidanza il più possibile, anche con conseguenze gravi per la salute loro e del bambino. Sono inoltre tante le donne che al rientro dal lavoro non trovano più il loro posto, perché sono state sostituite durante la maternità, subiscono licenziamenti o sono costrette a dimettersi.
La legge oggi tutela la persona contro i licenziamenti per maternità, con l’art. 54 del d.lgs. 151/2001, se viene dimostrata la discriminazione. Tuttavia la situazione è grave anche per l’altra faccia della medaglia. Le donne single e senza famiglia infatti subiscono ogni giorno mobbing da parte non solo dei datori di lavoro, ma dai colleghi, anche del loro stesso sesso. Inoltre le donne single sono costrette a subire maggiormente le molestie di capi e colleghi. Questi si sentono infatti più liberi di fare battute e inviti, complimenti non voluti e talvolta anche molestie sessuali vere e proprie.
Tutto ciò provoca sofferenza psico-fisica e disagio per le donne che hanno scelto di concentrarsi sulla loro carriera e dedicarsi alla loro indipendenza, o che non hanno ancora trovato qualcuno con cui formare una famiglia. Sono molti anche i danni esistenziali per la loro vita privata, che rischia di essere fortemente compromessa.
Si parla di “mobbing sessuale“, più subdolo e difficile da dimostrare, ed è quello che consiste in battute più o meno velate, inviti e complimenti insistenti, e promesse di carriera.
Sono ricatti emotivi, vera e propria violenza psicologica che purtroppo è difficile da provare in tribunale, e che costringe spesso le vittime, in maggioranza donne, al silenzio, o alla mancata denuncia. Questo accade in ogni ambito di lavoro, ed è una realtà che nella cultura di oggi ancora non si è risolta.
Il mobbing come violenza vera e propria comporta danni, più o meno gravi, che si dividono in quelli di tipo patrimoniale e non patrimoniale. Questi ultimi comprendono i danni alla salute psicofisica che è medicalmente accertabile; il danno morale; e il danno esistenziale, ossia l’alterazione delle abitudini e delle relazioni di una persona, che ne peggiora la qualità della vita.
Se un lavoratore subisce uno di questi danni e vuole proporre una causa deve stabilire di che tipo di danno si tratta. In secondo luogo deve poterlo provare in tribunale. La dequalificazione è il danno di tipo patrimoniale che si verifica più spesso. Si tratta di perdita di conoscenze, esperienza o visibilità spendibili nel mercato del lavoro. Deve essere dimostrato che la degradazione abbia fatto perdere possibilità di carriera effettive al lavoratore, e sia stata causata dal datore.
I danni di tipo non patrimoniale sono ovviamente più difficili da dimostrare, specialmente quello morale ed esistenziale, che non comportano la prova del medico. Si possono provare i danni considerando ad esempio attività a cui il lavoratore ha dovuto rinunciare per via del lavoro e il mancato riposo causato da orari e mansioni complessi. Oggi ci si può avvalere anche delle nuove tecnologie, analizzando messaggi e mail compromettenti, e vengono ammessi anche indizi, presunzioni o il ricorso alla nozione del fatto notorio.
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Dott. ssa Immacolata Dell’Aversana
Psicologa e Mediatrice familiare
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